LA DIMENSIONE SCONOSCIUTA DEL TEMPO


La freccia del tempo e la percezione soggettiva dell'uomo - Il concetto di tempo - Esiste davvero un flusso unidirezionale del tempo? - La seconda legge della termodinamica non è assoluta: il tempo può essere reversibile - Le dimensionalità parallele del tempo e dello spazio - Il processo creativo del "forming" - Il tempo e la percezione soggettiva del cervello - Esiste una dimensione infinita e pluridirezionale del tempo? -

Una ferma obiezione alla possibilità dei viaggi temporali è rappresentata dall'asserzione che non si può invertire la freccia del tempo, che il suo costante fluire è una legge fisica incontrovertibile a cui non ci si può opporre.
A questa obiezione si può ribattere che la freccia del tempo potrebbe anche non esistere nella realtà dei fatti e che potrebbe rispondere semplicemente a una errata percezione umana del tempo, senza avere nessuna relazione con un effettiva azione di una qualche legge fisica.
Inoltre, ammesso che il fenomeno sia reale, si deve considerare che nell'ipotesi di un viaggio temporale non c'è la necessità di invertire la direzionalità del flusso della freccia del tempo, ma solamente di escogitare il sistema di potersi spostare lungo la stessa, sia in avanti che indietro, senza dover alterare nessuna legge della fisica. Così come non si pensa di invertire lo scorrere unidirezionale di un fiume per poterlo navigare, ma è sufficente usare una imbarcazione dotata di un idoneo motore che sia in grado di farci navigare per ogni direzione senza per questo mettere in crisi l'assetto del corso d'acqua.
Del resto è quanto avviene anche quando ci muoviamo, sia a piedi che su un'auto, nello spazio. Nel nostro spostamento non modifichiamo affatto il suo assetto dimensionale, ma ci muoviamo semplicemente dentro ad esso, nelle direzioni volute. Ciò che muta è solamente la percezione personale che noi possiamo avere dello spazio, in misura della nostra velocità, ma non c'è alcuna alterazione effettiva della sostanza fenomenica che lo costituisce. Lo spazio rimane quello che è. Siamo noi che ci spostiamo e che mutiamo la nostra posizione rispetto ad esso.
Tuttavia, secondo la sua esperienza ordinaria, l'uomo è abituato alla manifestazione unidirezionale della freccia del tempo ed è abituato di conseguenza a considerare il tempo in questa precisa chiave fenomenica. In questo modo, per l'uomo, l'esistenza non è altro che un momento di presente, spinto di forza verso il futuro, incapace di tornare indietro per rimediare a eventuali errori compiuti.
In questa condizione di adattamento al rigore della freccia del tempo egli osserva una continua trasformazione di eventi che si snodano in una sequenza irreversibile di cose. Possiamo avere quotidiani esempi: da un seme si protende fuori dal suolo uno stelo che produce un bocciolo che poi si dischiude in un fiore; una creatura nasce e diventa adulta ampliando le proprie capacità senzienti; una situazione qualsiasi si evolve in vantaggio o in svantaggio per chi la sta vivendo, e così via... Come se si stesse assistendo ad un processo di "forming" digitale effettuato al computer che, da una struttura di base, prende forma e si completa in un preciso oggetto grafico.
Tuttavia non sempre ciò il nostro cervello ci porta a percepire corrisponde alla realtà dei fatti. Spesso siamo ingannati dalla limitata percezione sensoriale e dalle aspettative personali, come dimostra la capacità di illusione della prestidigitazione. Potrebbe essere, infatti, che, al di là di quanto ci mostra la percezione ordinaria, il tempo sia una condizione fenomenica ben diversa da quanto ci appare nella prospettiva della freccia del tempo.
Per comprendere la reale natura del tempo dobbiamo prendere in considerazione la parentela fenomenica che sembra legare il tempo e lo spazio. Anche se apparentemente diversi, entrambi non sono altro che i due aspetti fondamentali e interagenti dello stesso fenomeno che rappresenta l'universo.
Se è effettivamente così, non ci può essere una separazione fenomenica dei due elementi se non nell'interpretazione e nell'utilizzo che ne fa l'uomo. Come lo spazio, anche il tempo deve essere quindi una condizione che non si trasforma, ma dove invece avvengono i fenomeni che lo caratterizzano. Il fatto che percepiamo il tempo nella sola interpretazione di un presente che si modifica di continuo sui binari della freccia del tempo non vuol significare che corrisponda effettivamente al vero.
Viene inevitabilmente da pensare che la cosa sia dovuta unicamente ad una manchevolezza percettiva del nostro cervello che non è predisposto sul piano funzionale ad una precisa performance di interazione con la dimensione temporale, più di quanto possa fare con lo spazio. Se il tempo e lo spazio sono i due aspetti della stessa cosa allora è inevitabile pensare che questi corrispondano a due specifici campi fenomenici in cui si manifestano due proprietà funzionali dell'esistenza, diverse in apparenza ma eguali nella loro sostanza e perfettamente interagenti tra di loro in una sola omogeneità fenomenica.
E' inevitabile quindi ritenere che se il tempo è una dimensione permanente come lo spazio, allora è possibile viaggiare in ogni possibile sua direzione, in avanti e indietro sul percorso apparente della freccia del tempo. Anticipando la scienza si potrebbe dire che a questo punto il vero problema di un viaggio nel tempo diventerebbe solo più quello di riuscire a identificare e a realizzare degli idonei "propulsori" che consentano di potersi spostare nel tempo.
Poi, non rimarrebbe che da definire la dimensionalità temporale in cui si dispiega il tempo, così come si tracciano le carte geografiche relative allo spazio, per avere idea dei necessari spostamenti temporali per raggiungere gli obiettivi voluti e sopratutto per poi essere in grado di ritornare al punto di partenza. Una vera e propria mappa temporale che mostrerebbe un universo ben lontano da quello che siamo abituati a concepire nell'esperienza quotidiana.
La vera natura del tempo non è come ci appare nella nostra esperienza ordinaria. Anche se siamo abituati a considerarlo come un flusso di un fiume che scorre in una sola direzione, per la fisica moderna non è così. Il tempo è un fenomeno che deve essere valutato al di là di ogni concezione direzionale.
La fisica moderna porta a considerare la possibilità che esista un altro modo di considerare il fenomeno del tempo e il suo ruolo sul piano della fisica, oltre al concetto di freccia unidirezionale inventata da Eddington.
Heisenberg e Schroedinger, insieme ad altri scienziati, prospettarono l'idea che il tempo non ha direzione e che ogni moto apparente è parte di un ciclo che si ripete. Un tempo ciclico dove la freccia del tempo scorre per chiudersi su se stessa presentando un modello fenomenologico rapportabile ad una sorta di tunnel circolare, un anello torico, che racchiude tutte le vicende umane e dentro il quale è teoricamente possibile muoversi all'infinito in ogni direzione. Idea che era già stata preannunciata da Newton, il quale asseriva che tutto ritorna circolarmente e che non c'è distinzione fra il tempo che scorre in avanti e quello che scorre all'indietro.
Idee per altro non nuove. Secoli prima, il concetto della circolarità del tempo già apparteneva alle credenze metafisiche degli antichi Maya che concepivano il tempo come una ciclicità di eventi in cui gli stessi finivano per ripetersi nel periodo cronologico del lamat. E ancora prima dei Maya, anche Aristotele, nella sua Fisica, insegnava che le vicende umane erano incluse in un cerchio di eventi ricorrenti che si avvicendavano in cicli cronologici.
Il tempo, sia nell'esperienza intuitiva dei popoli antichi quanto nella rappresentazione matematica dei ricercatori moderni, sembra coincidere nella visione di una sorta di immensa e infinita landa temporale, senza inizio nè fine. Una dimensione perfettamente integrata con lo spazio, come mostra il modello cosmologico del "cronotopo", suggerito da Einstein per poter spiegare i fenomeni dell'universo nella prospettiva della fisica quantistica.
Una concezione del tempo che è sicuramente al di là dell'ordinarietà con cui lo percepiamo e a cui facciamo riferimento nell'osservazione del trascorrere dell'esistenza umana, del sorgere e del tramontare del sole e dello scandire delle lancette dell'orologio.
Una concezione che mostra una natura poco consueta dell'esistenza in cui viviamo, costituita non solamente dalle tre dimensioni che siamo abituati a valutare nell'interazione con l'immensa distesa dello spazio, ma estesa ad una quarta, invisibile e purtuttavia parte integrante del nostro mondo.
Può anche non essere facile entrare nella definizione quantistica del tempo.
E' innegabile che l'esperienza soggettiva o immediata del tempo è fondamentalmente diversa da quella dello spazio. Lo spazio appare in qualche modo indissociabile dall'esistenza dei corpi, è qualcosa di esterno o di fisico, facilmente identificabile nelle cose che riempono la nostra vita. Il tempo appare invece come qualcosa di sfuggente che esiste solamente perché ci troviamo a vivere un susseguirsi di eventi che una volta che si sono manifestati non possiamo più riprendere e modificare.
Abbiamo questa percezione anche dentro di noi. Se ci sediamo in poltrona e chiudiamo gli occhi senza fare nulla avremo egualmente la percezione dello scorrere del tempo e possiamo valutare la quantità trascorsa con buona approssimazione. Tuttavia, sebbene esista la certezza della sua percezione, il tempo sembra divenire evanescente e indescrivibile nello stesso momento in cui gli si vuole dare una definizione fenomenica specifica.
In questa chiave prospettica, il tempo è diventato un concetto della fisica classica che consente di distinguere l'ordine o la contemporaneità degli eventi, una grandezza fisica misurabile con uno strumento opportuno quale può essere un orologio o una clessidra. Così il tempo si rivela essere identificabile alla misurazione strumentale. Lo si può misurare in base allo spostamento di un corpo avente un moto lineare uniforme, oppure a un moto circolare o rotatorio uniforme come quello della Terra che gira su se stessa, oppure armonico come la frequenza di oscillazione di un cristallo di quarzo piezoeletrico. Il riferimento ai fenomeni materiali che si producono nello spazio consente di definire dei valori teorici di scorrimento del tempo sino a giungere ad una unità di misura quale è il secondo.
La natura fenomenica del tempo è stata oggetto di ricerca da parte di scienziati e di filosofi che hanno cercato di stabilire la sua identità fenomenica. Sono così emerse tre distinte modalità di intendere il tempo che mostrano la sua natura fenomenica da diverse angolature percettive.
C'è la concezione di un tempo assoluto indipendente dal moto dei corpi. Secondo Newton il tempo scorre anche se non avvengono fenomeni atti a determinarne la misura e se non siano presenti esseri capaci di effettuarla. Tuttavia secondo Einstein questo modo di esprimere il tempo non trova rispondenza con i fenomeni fisici. Il tempo non scorre uniformemente, ogni sistema di riferimento ha il suo tempo proprio e, inoltre, il tempo rallenta la sua corsa in prossimità della materia. Non c'è un adesso che sia lo stesso per tutti. E dunque, forse, il tempo non scorre affatto. Addirittura non c'è una sincronicità globale degli eventi.
Poi c'è la concezione del cosidetto tempo relativo, ovvero il tempo che è rilevato, nella prospettiva della freccia del tempo, da una misurazione strumentale nella condizione specifica in cui si trova l'osservatore. Ad esempio il tempo siderale basato sulla rotazione della Terra rispetto alle stelle fisse quale può essere rilevato da un orologio.
C'è, infine, la concezione di un tempo soggettivo, il tempo che è percepito dall'osservatore senza alcuna strumentazione. E' una sorta di presa di coscienza del trascorrere del tempo che è possibile avvertire anche in assenza di qualsiasi messaggio esterno, rimanendo confinati all'interno della propria psiche. In parte il riferimento è dato dalla successione dei nostri pensieri e dei nostri stati d'animo e in parte da una percezione soggettiva del tempo che scorre.
Ed è proprio su questa nostra percezione soggettiva che è stata fondata l'idea che abbiamo del tempo. Un flusso ininterrotto di eventi che porta alla realizzazione delle proprie aspettative, alla fine di situazioni e al termine della nostra vita: un cammino che scandisce il nostro vivere quotidano su un ritmo di doveri religiosi e sociali.
Eddington associò questa interpretazione sequenziale del tempo al concetto di "freccia" che identificava molto bene il fenomeno vissuto sul piano dell'ordinaria percezione del fenomeno temporale. Una visione "occamista" del fenomeno che ipotecò la ricerca nel campo della fisica per decenni.
Sulla teorizzazione della "freccia del tempo", inarrestabile e unidirezionale, si è radicata la convinzione che non sia possibile viaggiare attraverso il tempo.
In sostegno all'idea di Eddington, sull'unidirezionalità inviolabile del tempo, è stata spesso citata la Seconda Legge della Termodinamica la quale afferma che la trasmissione di energia tra i corpi avviene in un processo unidirezionale, e irreversibile, dove il corpo più caldo cede energia al corpo più freddo e mai avviene il contrario.
Ma la moderna fisica ha dimostrato come questa affermazione non sia del tutto vera.
Essa infatti ha valore unicamente nei fenomeni del macrocosmo, mentre trova inequivocabili contraddizioni nella dimensione dei fenomeni microscopici. Ad esempio essa non impedisce che, a livello atomico, nell'agitazione termica di un numero elevatissimo di particelle ve ne sia qualcuna, in ogni istante, che viene accelerata a seguito della reciproca collisione con un'altra particella. Nell'ottica dell'interpretazione cinetica del calore equivale ad un passaggio spontaneo di energia termica verso livelli di temperatura più elevati in evidente contraddizione con il Secondo principio della termodinamica.
Da ciò si può osservare che il tempo microscopico è reversibile, mentre quello macroscopico non lo è. C'è solo da chiedersi dove incominci l'irreversibilità...
E' più che evidente che la "freccia del tempo" non esiste sul piano dei fenomeni temporali ma è solamente una illusione basata sulla relatività della percezione umana. Noi constatiamo e prendiamo atto del flusso unidirezionale del tempo guardando ai fenomeni che ci sono familiari, come ad esempio la nostra crescita biologica o il sorgere e il tramontare del sole, fenomeni che scandiscono i giorni del calendario e quindi del tempo unidirezionale.
Ma tutto potrebbe essere relativo all'interpretazione dell'osservatore e non rispondente alla vera natura del tempo. Se la nostra vita biologica, dalla nascita alla morte, dimostra di non avere reversibilità, non vuol dire che il tempo debba essere altrattanto irriversibile. Noi e il tempo siamo due cose distinte. Il nostro processo di crescita biologica usa semplicemente la quarta dimensione del tempo per potersi sviluppare, utilizzando la materia disponibile nella dimensione dello spazio. La stessa cosa che facciamo quando realizziamo gli strumenti e le cose che ci servono nel nostro quotidiano oppure quando interpretiamo gli eventi della nostra vita.
Potrebbe essere che non sia il tempo che si muove con un suo flusso continuo, ma potrebbe essere solamente che il processo di crescita biologico e di sviluppo degli eventi, un "forming" situazionale, si articolino in una dimensione fluida che è propria della natura del tempo, fondamentalmente diversa da quella tridimensionale dello spazio che non gielo consentirebbe, creando l'impressione che sia il tempo a muoversi unidirezionalmente.
Per questo motivo probabilmente viene rilevata l'apparente incoerenza della Seconda Legge della Termodinamica applicata al mondo del microcosmo. Nel microcosmo le particelle non partecipano ad alcun processo di "forming" che porta alle forme del mondo della materia osservabile del mondo dell'uomo.
Ciò significherebbe che il processo irriversibile della nostra crescita si muove dentro ad una dimensione che è di per sè neutra, così com'è lo spazio, ma che, al contrario di quest'ultimo, gli consente la manifestazione dello specifico fenomeno di "forming".
Come dire che un uomo può crescere e agire nella dimensione dello spazio solo se gli è consentito dalla fluidità dell'esistenza rappresentata dalla dimensione speculare dello stesso spazio, cioè quella che noi identifichiamo come il tempo. L'altro aspetto con cui si rivela l'esistenza che conosciamo e che identifichiamo come materia e spazio.
Il processo di "forming" non sarebbe altro che la veduta d'insieme di un processo di costruzione di specifici oggetti secondo precisi target evolutivi dell'universo e secondo specifici archetipi di riferimento su cui modellarsi.
Il processo di "forming" sarebbe necessariamente unidirezionale, come per la costruzione di una piramide dove le pietre della base costituiscono man mano che vengono posate la struttura che consentirà di realizzare la forma geometrica finale.
Un processo che nell'economia funzionale e per gli obiettivi dell'universo non prevede la sua reversibilità poiché essa è di tipo realizzativo.
Solamente la messa in stato di caos dei "forming" realizzati può rimettere in gioco il processo di "forming" bloccandolo per poi riprendere l'inevitabile processo formativo d'accapo, ma sempre senza reversibilità. E anche questo processo del caos non rappresenterebbe altro che una ulteriore forma di manifestazione del processo di "forming" esistente nell'universo.
L'evoluzione dell'uomo, dalla cellula alla coscienza, è un esempio di "forming" su larga scala. Così come lo è stato la nascita stessa dell'universo nel processo evolutivo iniziato con il big-bang e come lo è tutt'ora nella sua espansione cosmica.
Può essere un esempio di "forming" su scala ridotta, un gesto con la mano che traccia un arco nel cielo, un recipiente di acqua che finisce per bollire, lo svolgersi di un incontro tra due persone che si salutano, relazionano tra di loro e poi si allontanano.
Il processo di "forming" è rappresentato da una sequenza di eventi concatenati tra di loro che trasformano uno stato di essere in un altro successivo sviluppandosi all'infinito, in una complessa struttura che può essere accostata a quella matematica dei frattali.
La tempistica con cui si manifesta il processo di "forming" è relativa all'estensione progettuale dello specifico oggetto a cui si riferisce. Ad esempio, la formazione di un continente avviene, apparentemente, molto più lentamente di quanto avvenga per la formazone di una creatura umana che si evolve da bimbo ad adulto.
Solo facendo riferimento ad un processo di forming molto più esteso, quale è quello della nostra galassia, possiamo riferire i due processi formativi, quello continentale e quello umano, ad un concetto di tempistica globale in cui entrambi possono essere confrontati e si può giungere alla misurazione della loro tempistica.
E in questa valutazione, diventa facile cadere nell'equivoco che la misurazione comparativa delle tempistiche realizzative corrisponda allo scandire del tempo. Tanto da accettare per concreta l'idea che il tempo sia costituito da un flusso unidirezionale quale è interpretabile dal movimento delle lancette di un orologio.
E' così che si cade nell'equivoco dell'esistenza di una "freccia del tempo" in cui si può intravvedere l'esistenza di un passato, di un presente e di un futuro.
E il tempo diviene una dimensione in cui sono scanditi i ritmi delle vicende umane e dell'esistenza degli individui, l'alternanza del giorno e della notte, la sequenza temporale del calendario, l'avvicendamento delle ere e delle generazioni.
Ma una sequenza di eventi non vuol dire che il tempo sia quel che si crede, ovvero che il tempo sia un flusso misterioso e indeterminato in cui si srotolano gli eventi della nostra vita, ma piuttosto che tali eventi siano la manifestazione di un processo di "forming" all'interno della dimensione fluida dell'esistenza rappresentata dall'effettiva natura del tempo.
Se vogliamo mantenere le abitudini del lessico usato potremmo dire che esistono due concetti di tempo, quello che crediamo sia il tempo ma che è riferibile alla manifestazione del processo di "forming", e il tempo vero e proprio che possiede ben altra natura di quanto ordinariamente gli attribuiamo.
In effetti, c'è da chiedersi se sia l'orologio che misura effettivamente un fluire reale del tempo, oppure sia l'orologio stesso che, interpretando un processo di "forming", crea la nozione apparente di un flusso temporale.
Se la "freccia del tempo" è solamente una illusione determinata dalla percezione soggettiva dell'uomo, creata dall'osservazione del processo di "forming" delle cose, il tempo prende pertanto un'altra definizione fenomenologica che non ha più nulla a che vedere con la percezione ordinaria.
Il tempo viene così a rivelarsi come un'altra qualità fenomenica manifestata dall'esistenza, sovrapponibile a quella rappresentata dallo spazio che conosciamo bene, ma a differenza di questo, senza essere soggetta alla sua staticità.
Una sorta di dimensione apparentemente inconsistente, senza colori e forme che la distinguano come quella dello spazio, ma in grado di essere utilizzata nell'economia delle cose dai fenomeni che avvengono nell'universo.
Se esistesse solamente lo spazio, tutto sarebbe fermo e immutabile. Non ci sarebbe alcuna possibilità che un processo di "forming" potesse costruire pianeti e sistemi solari. Dopo il big-bang tutto sarebbe rimasto come un immenso deposito di materia inerte e inutile accatastata alla rinfusa nello spazio.
E se mai noi fossimo esistiti saremmo state solo dell statue immobili e incapaci di pensare e di compiere una qualsiasi azione.
Quando noi, costituiti di materia, alziamo un braccio e lo spostiamo avanti e indietro, compiamo uno spostamento nella dimensione del tempo.
Ci muoviamo nella dimensione fluida dell'esistenza che possiede la proprietà di consentire il nostro movimento, grazie alla sua particolare natura fenomenica che si contrappone all'immobilismo dello spazio e della materia.
E' così che possiamo realizzare un "forming" inutile in ogni caso ma sicuramente efficacie per la nostra dimostrazione.
La "freccia del tempo" non è altro che un modo di interpretare il processo di forming da parte del cervello come se si trattasse del tempo vero e proprio.
A differenza di quanto può fare con la rilevazione dello spazio, il cervello non è strutturato per percepire la dimensione inconsistente del tempo.
Esso stesso è il prodotto di un "forming" evolutivo che in seno all'evoluzione della specie e, in specifico, allo sviluppo del singolo individuo, prende la consapevolezza illusoria di essere dentro ad un flusso temporale dentro il quale vive il suo processo evolutivo. Un flusso da cui si sente trasportato, suo malgrado, verso il futuro, provenendo da un passato che esiste solamente nella sua memoria.
Se il cervello non possedesse la funzione della memoria noi avremmo l'impressione di esistere in un eterno presente. Non avremmo la percezione del flusso del tempo e non potremmo dare i parametri di un passato-presente-futuro alla dimensione globale e distesa del tempo.
Scriveva Einstein ai parenti del defunto Michele Besso: "Per noi che crediamo nella fisica, la divisione tra passato, presente e futuro ha solo il valore di una ostinata illusione".
Dobbiamo ritenere che se la divisione tra passato, presente e futuro è solo una ostinata illusione del nostro cervello, in alternativa a questa illusoria percezione, il tempo è necessariamente qualcosa d'altro.
Probabilmente il tempo è effettivamente una dimensione distesa e globale e per comprendere e gestire la sua natura, dobbiamo inevitabilmente ragionare nei termini di quanto comporta questa concezione.
Possiamo immaginare di essere dentro ad una sorta di caverna del tempo, se vogliamo anche di forma toroidale, senza un inizio e una fine dove tutte le azioni e gli eventi convivono nello stesso istante fissate su infiniti percorsi. Il passato, il presente e il futuro convivono tutti e tre nella stessa dimensione distesa e globale del tempo.
Non è una dimensione impossibile. E' il cervello che è incapace di cogliere le profondità di questa dimensione e crea l'illusione percettiva del flusso continuo del tempo confondendo la manifestazione del processo di "forming" con quello di una freccia del tempo.
Il passato è rappresentato dal bagaglio dei ricordi. Il presente rimane una percezione sfuggente che possiamo cogliere di un mistero infinito che sentiamo essere a portata di mano, e il futuro è lo sviluppo a venire del "forming" a cui ci riferiamo nella nostra valutazione. Futuro sconosciuto alla nostra conoscenza ma che, nonostante questo, esiste nelle potenzialità realizzative del "forming". Se si paragona il tempo alle pagine di un libro di cui non conosciamo ancora il contenuto, il futuro non è che la disponibilità della dimensione temporale ad accogliere il processo di "forming" a venire. Il tempo è un libro in attesa di essere letto dalla nostra interpretazione e colmato dallo sviluppo del "forming" in cui ci troviamo ad essere. Il futuro sembra essere già li pronto ad accoglierci nelle nostre azioni, nella nostra presenza all'interno dell'universo e nella nostra percezione di esistenza.
Non c'è alcun baratro su cui affacciarsi. Non c'è alcun futuro da costruire. Il tempo esiste già di per sè, in una dimensione infinita quanto lo è lo spazio a cui esso si sovrappone e in cui si fonde per dare evidenza alla stessa qualità di esistenza.
Se noi potessimo fare come è nostra facoltà per quanto riguarda lo spazio, potremmo cogliere l'equivalente della tridimensionalità di quest'ultimo per guardare in varie prospettive direzionali all'interno della dimensione temporale. Potremmo spostarci, nello stesso modo in cui ci spostiamo nello spazio, impiegando energia e mezzi utili per esplorare la sconosciuta landa del tempo in tutte le sue direzioni e forse scoprire anche eventuali percorsi probabilistici che diano l'accesso su dimensioni di mondi paralleli.
Non è detto che la tecnologia non possa, un giorno, risolvere questo problema, oppure che l'evoluzione della specie umana non giunga a fornire al cervello nuove forme di senso in grado di percepire e dominare la dimensione temporale.
Forse, nell'universo che ci circonda, altre specie viventi possiedono già questo dono sensoriale che consente loro di estendere la loro esperienza di esistenza dai percorsi dello spazio a quelli infiniti del tempo.
E forse hanno già scoperto che oltre alla quarta dimensione, quella del tempo, ve ne sono ancora altre che appartengono alla sorprendente struttura dell'universo e che possono ampliare l'esperienza dell'uomo ad ulteriori possibilità di sperimentazione e di utilizzo.