DIVENTARE ASTRONOMI


Guardando ad occhi aperti la bellezza del cielo, o anche solo ricordandola in altri momenti, una prima cosa che puo' venire in mente e' come tutto cio' non sia in definitiva per tutti. Ocorre infatti avere gli occhi, ma quelli dei ciechi (ad esempio) sono spenti.
Ora, se esiste una cosa che si chiama uguaglianza, anche in termini di possibilita' esperienziali, la quale gli esseri viventi non possono non sentire radicata direttamente nel cuore, occorre dunque recuperare la comunanza dell'esperienza ad un livello piu' alto. Cieli diversi, od in qualsivoglia modo li si intenda chiamare, in grado di rappresentare comunque l'immenso che sovrasta, con la stessa pienezza inoltre sia per chi abbia una vita lunghissima a disposizione sia per chi non disponga che di pochi attimi per sentire di esistere. In quest'ottica, e' chiaro che l'imparare a memoria i nomi che gli uomini hanno dato (mettiamo) a diecimila stelle, non ha significato piu' profondo del medesimo atto conoscitivo riguardo agli elenchi di una guida telefonica. In fondo, pero', il mondo e' pieno di gente istruita al di la' del proprio grado di intelligenza...
Imparare ad osservare il cielo puo' essere un vero processo conoscitivo, cosi' come lo studio della danza o l'arte di leggere alla sola pressione tattile delle dita, a patto beninteso di porsi nella correta prospettiva di sviluppo dell'intelligenza. E questa esperienza non ha senso se non condotta direttamente sulla pelle.
Per concretizzare, pensando anche ad un possibile modello comportamentale, immaginiamo di far parte di una fiera tribu' indios (ad esempio degli Apache), dove ad un certo punto ci venga comandato di uscire dalle tende per andare ad imparare ad orientarci con le stelle. Dapprima senza strumenti. Nel seguito seguito anche con questi, in qualsivoglia ed illimitato grado di sofisticazione. Pure per gioco.

Giuseppe Geuna